Non c’era niente nel nulla. Ti spostavi da una parte all’altra, ma non sapevi da che parte andavi, non c’era una porta da aprire, non c’era una strada da percorrere, non c’era da prendere nessun treno per nessuna destinazione.
Era una noia mortale, credetemi, perché non incontravi mai nessuno, non c’era nemmeno un cane, nel nulla, perché manco i cani avrebbero scelto quel posto. Se glielo aveste proposto, le povere bestie, vi avrebbero abbaiato: “Ma ‘vaffannulla’.”
Intorno a te si profilava solo una notte priva di stelle; un silenzio siderale, perpetuamente concentrato su di te.
Era anche difficile pensare, perché pensare richiede qualcosa da raccontarsi, delle vicissitudini, dei problemi da risolvere, ma nell’assenza totale di stimoli, di sollecitazioni e di incontri, ‘che cazzo ti devi dì’? O forse puoi pensare molto di più, senza avere un cazzo a cui pensare aldilà di te.
Alla fine emerse il paradosso, che forse è proprio dal nulla che torni a vivere; perché nel pieno del nulla rimbombano le idee, che poi diventano voci squillanti, poi forme e colori; e questa saturazione ti permette di reinventarti…
Alla fine il nulla è solo una stupida convinzione: perché, se ci sei ‘te’, il nulla, non c’è.