Lo Storyteller immortale.

Sono immortale. Ve lo confesso. Posso morire solo se scelgo di farlo, basta che beva l’acqua che sgorga dalle sue labbra Maligne, ma posso anche non morire, perché lei possiede l’antidoto contro il suo stesso veleno.

Sono cresciuto ingoiando sangue e lacrime, e cibandomi di carogne sono sopravvissuto. Ma ora sono triste, almeno un po’, perché la gente che amo sta morendo, ed io non posso rimanere solo al mondo.

A chi racconterò le mie storie, se gli uomini si estingueranno?

Non ho altra scelta: mi recherò alla sorgente e ingraviderò quella puttana, che partorirà altre puttane come lei , che incastreranno altri immortali come me…

E li costringeranno a vivere per sempre.

La Bambola

Hill amava molto la sua bambola, che chiamava… beh, per il momento non posso dirvelo, e non posso dirvi nemmeno dove l’avesse trovata; la cosa certa è che era matta come una cavalla.

Il suo cervello era bucato; le mancavano diversi venerdì ed era pure un po’ violenta. Per Hill , però, la bambola era geniale e bellissima: la nascondeva dentro al suo petto e la copriva di tenerezze, la proteggeva e insieme a lei scriveva straordinari racconti.

Volavano su Marte, s’inoltravano nelle foreste incantate, parlavano con gli alberi e si rintanavano in tenebrose caverne. Ma Hill, anche nel mezzo di questi affanni e batticuori, non smetteva mai di dubitare dell’onestà della sua bambola, e come l’indomani lo avrebbe condotto alla morte se avesse svelato a tutti la sua vera identità.

La gente non avrebbe capito, e a lui faceva paura il giudizio degli altri.

“Che ci vedrà in quella pupazzetta volgare e guercia, forse anche un po’ lercia ( perché chissà in quale bordello l’aveva trovata)?”

Alla fine Hill, però, si convinse che, se la gente si fosse divertita così tanto a parlar male della sua bambola, lui si sarebbe divertito il doppio, se la bambola avesse iniziato a rispondere alle loro accuse, così aprì il suo petto e la fece volare via.

Un giorno, quando Hill si svegliò, si accorse che la bambola non era più dentro di lui, ma al suo fianco, nel suo letto… la Troia.

La storia continua, ma ve la racconterò più in là…

Ora me ne sto ancora un po’ sdraiato a letto ad ascoltare tutte le “coscie belle” che la mia Troia ha da dirmi.

Gigi e il suo “ffanculo”

Un giorno Gigi si svegliò con un diavolo per capello e non ne volle più sapere di stare zitto. Non che in genere fosse di poche parole: chiacchierava come prima, ma alzava la voce e imponeva la sua volontà. I suoi discorsi non erano più scombinati e incoerenti, secondo il modo in cui era abituato a fare, e nessuno avrebbe più avuto da obiettare sulle sue scelte.

Quelle parole e quelle frasi che per un lungo periodo della sua vita sembravano non voler dire niente, ora avevano un senso compiuto, un motivo per cui Gigi le aveva dette.

Pensate a quando vi prude un braccio o un piede e non sembra esserci nessuna ragione per cui lo fate, ma non è detto che non abbiate prurito; vi viene da grattarvi e il motivo viene fuori dopo. Con Gigi è successa la stessa cosa.

Una volta in piena estate, con 40 gradi all’ombra, disse “ho freddo”, ma non è detto che stesse mentendo, soltanto perché a voi faceva caldo, e magari qualcuno pensava che fosse gravemente ammalato o che si fosse preso un colpo di calore, infatti dopo si mise a diluviare.

Invece, un altro giorno, picchiò la sua fidanzata che gli stava facendo un pompino, ma non perché non gli piacesse quell’orale premura, anzi, proprio perché sembrava troppo brava, la aveva menata…

infatti dopo venne fuori che era un’esperta di questo genere di effusioni, perché si esercitava con tutti i membri dell’associazione “Monster Modern Theory”, di cui Gigi era il massimo esponente…

ma gli altri lo giudicavano un pazzo, un visionario, solo perché non volevano ammettere di essere loro nel torto…e per pararsi il culo con la faccia di Gigi.

Ma quella mattina Gigi si era rotto il cazzo e incominciò a mandare tutti a “ffanculo” e le cose per lui incominciarono ad andare secondo come dovevano andare. E poi la sua vita cambiò, forse in bene. O forse no…

Sta di fatto che ormai tutti gli stronzi erano andati a “ffanculo”.

Il Nulla

Non c’era niente nel nulla. Ti spostavi da una parte all’altra, ma non sapevi da che parte andavi, non c’era una porta da aprire, non c’era una strada da percorrere, non c’era da prendere nessun treno per nessuna destinazione.

Era una noia mortale, credetemi, perché non incontravi mai nessuno, non c’era nemmeno un cane, nel nulla, perché manco i cani avrebbero scelto quel posto. Se glielo aveste proposto, le povere bestie, vi avrebbero abbaiato: “Ma ‘vaffannulla’.”

Intorno a te si profilava solo una notte priva di stelle; un silenzio siderale, perpetuamente concentrato su di te.

Era anche difficile pensare, perché pensare richiede qualcosa da raccontarsi, delle vicissitudini, dei problemi da risolvere, ma nell’assenza totale di stimoli, di sollecitazioni e di incontri, ‘che cazzo ti devi dì’? O forse puoi pensare molto di più, senza avere un cazzo a cui pensare aldilà di te.

Alla fine emerse il paradosso, che forse è proprio dal nulla che torni a vivere; perché nel pieno del nulla rimbombano le idee, che poi diventano voci squillanti, poi forme e colori; e questa saturazione ti permette di reinventarti…

Alla fine il nulla è solo una stupida convinzione: perché, se ci sei ‘te’, il nulla, non c’è.

La Donna dai mille volti

Un altro uomo lo avrebbe capito. Persino un bambino lo avrebbe capito: sarebbe andato da lei e l’avrebbe baciata, senza timore e senza rimpianti. Ma lui non poteva capire. Per lui era quella pazza dai mille volti che gli aveva rovinato la reputazione, pudica, ma tanto puttana, tenera e aggressiva, che avrebbe potuto distruggergli definitivamente la vita, più di altre 200 donne con cui era stato, con due gambe che se gli fossero appartenute anche solo una volta, lo avrebbero risucchiato in un vortice di passione da cui non sarebbe più potuto uscire.

Quindi non si muoveva: se ne stava accovacciato in un angolo della sua casa e guardava fisso davanti a sé. Non aveva il coraggio di parlarle, non aveva nemmeno il fiato per farlo; ogni tanto tornava a scriverle sulla chat, chiedendole di essere paziente e che si sarebbero visti presto, ma poi spariva per giorni senza darle una spiegazione: quella promessa mai mantenuta andava avanti da anni, ma la donna dai mille volti, questa volta, non sarebbe sopravvissuta al dolore del suo ennesimo rifiuto.

La donna dai mille volti morì e lui, che prima di allora aveva paura di incontrala, quella volta, si fece coraggio e la raggiunse.

Senza di lei, L’Uomo non poteva né vivere né morire, né rinascere né amare.

Le Donne

Una volta le donne non c’erano. C’erano gli uomini che le immaginavano, soprattutto di notte, ma anche di giorno, quasi tutti i giorni: gli uomini con 3 gambe. Ma c’erano anche quelli con due gambe, ma questi le donne non se le sognavano affatto.

Così, invece delle donne, c’era una strana malattia che prendeva gli uomini con tre gambe e gli faceva venire le traveggole, e vedere, magari un montone e scambiarlo per una donna.

Era una malattia molto contagiosa e incurabile, ma non accorciava la vita, anche se rendeva gli uomini simili alle pecore.

Gli uomini con due gambe, invece vedevano tutte le notti la donna che non c’era: ma non la scambiavano per nessun animale, quindi non se la inculavano.

Un giorno saltò fuori, però, un’altra grave malattia che, questa volta prendeva gli uomini con due gambe: cominciava un formicolio all’ano, poi venivano tante bolle rosse intorno e dopo una settimana si finiva al cimitero.

Anche questa malattia era incurabile, e si diffondeva molto in fretta.

Dopo un po’ gli uomini con 2 gambe sparirono e quelli con 3 dovettero imparare a fare da soli.

E’ passato tanto tempo da allora e di donne ce ne sono davvero tante in giro, ma gli uomini con 3 gambe continuano a non vederle.

Amori interrotti

Una volta Riccardo non finiva mai un rapporto d’amore. Si trovava bene lì dentro, tra viaggi interstellari e sesso pirata, amori burrascosi e scommesse con gli amici.

Ci voleva molto tempo per acquisire complicità con la donna che si portava a letto;

all’inizio era come un uccello impazzito, la lingua della sua partner risultava aliena per il suo pisello;

presto, però Riccardo si adattava e si sentiva bene in quell’umido anfratto, o provava un intenso piacere, nell’immergersi in tante vagine, nell’accompagnarsi a tante nobili e dolci sgualdrine; e non voleva più lasciarle andare via, non voleva abbandonare quel nido di pelle, morbido, accogliente, per un banalissimo orgasmo che avrebbe interrotto quell’avventura.

Raggiungere l’apice del piacere per lui, significava seppellire l’opportunità di godere per sempre.

Certo, c’erano altre donne disponibili; ma perché perdere quella, visto che si era trovato bene, anzi si era affezionato al suo odore?

Per questo motivo Riccardo aveva cominciato decine di relazioni con donne diverse, ma non aveva mai raggiunto il culmine della libido nemmeno con la metà di esse.

Le corteggiava ogni giorno donandogli dozzine di rose rosse, poesie e si calava nel loro peculiare umore femminile…

Le baciava dolcemente e le penetrava lentamente, molto lentamente, fino a farle giungere ad un orgasmo quasi delirante e struggente, ma senza arrivare anch’egli.

Non poteva, perché se arrivava, si appressava la fine della storia con la compagna del momento; quindi tirava fuori il suo membro e se lo rimetteva nei pantaloni, come ad autocastrarsi e ripeteva lo stesso comportamento con tutte.

Succedeva così una volta; ora Riccardo è cambiato.

Perché dopo anni di amori interrotti sul più bello, si era reso conto di una semplice verità: Le donne non finiscono mai. Finiscono le storie, così come finiscono i libri quando termini di leggerli…

Ma quando si è imparato a conoscere profondamente la propria compagna, possiamo continuare ad amarla, a raccontarla. E cominciare un altro amplesso sempre con la stessa persona o con altre 100, oppure recitando di essere un’altra persona noi stessi con tutte, diventando sempre i protagonisti delle nostre storie.

Da quando Riccardo ha compreso questa semplice verità, fa l’opposto di quello che faceva prima: scopa una femmina in gran fretta, per vedere in quanto tempo viene, e dopo si reimmerge lentamente in fondo a quella vicenda sessuale, stringendo più calorosamente quel corpo febbricitante e continua la sua vicenda amorosa…

Come un lettore che ha terminato di leggere un bel racconto e continua a scriverlo per conto suo.

Ora la sua vita è piena di slanci e amori infiniti.

Siete “Andate a banane”

Chiunque abbia visto un documentario sulle scimmie ha sicuramente notato con quanta intensità esprimano le proprie emozioni: spalancano gli occhi, saltellano, ruzzolano, si grattano la testa…

Vi ricordano qualcuno?

A me ricordano “certe” femminucce che, alla vista delle “banane”, ” diventano come le scimmie”, ossia si arrabbiano, si agitano molto e si fanno i dispettucci quando se le contendono.

Poiché esse ne sono le più entusiastiche consumatrici e senza marchio di garanzia.

Io no. Io impazzisco solo per la carne di Tiranno DOC…

Troppo tenera é la frutta per le mie zanne e troppo fine è il mio palato per consumare alimenti di dubbia provenienza…

Roarrrrrrrrrrrrrrrr…

La luce è accesa ma non c’è nessuno in casa

Molti anni fa ( per me erano i tempi delle scuole medie) andai a trovare una mia amica.

Venne ad aprirmi sua madre, una signora grassa e baffuta come tutte le donne sposate della mia città di origine.

Ci salutammo e le chiesi dove fosse sua figlia Orsolina.

Lei mi diede allora una delle risposte più strane che mi sia capitato di ricevere:

“Orsolina è in camera sua…ma non è in camera sua.”

Di fronte al mio sguardo perplesso, la signora Rosetta mi disse che Orsolina, negli ultimi giorni era strana, non mangiava ed era attaccata alla televisione con lo sguardo fisso nel vuoto, sempre alla stessa ora e sempre sullo stesso canale.

Quando parlai con la mia amica scoprii che si era presa una sbandata per uno dei due protagonisti di un cartone animato, “Holly e Benji”, per l’esattezza.

Si era presa una sbandata per un cartone animato? In 3′ media?

Bah…

Non metto il becco sui sentimenti umani, perché li rispetto a prescindere, ma quello che mi sconcertò fu l’ effetto devastante che ciò aveva provocato:

sembrava la solita Orsolina, ma bisognava ripeterle le cose due volte e, anche allora, difficilmente riusciva a rispondere a tono.

Gli inglesi avrebbero detto:” The light is on but there’s no one home ( La luce è accesa, ma in casa non c’è nessuno)”…

Io invece, da terrona doc, avrei detto:

” Questa sta proprio fulminata!”

Mica solo Orsolina. Anche chi crede alla farsa grottesca dei “politucoli” italiani…

quindi la maggior parte di voi.

” Toc Toc c’è nessuno in casa?”

To be back to the drawing board…please!

Ovviamente non sapete di cosa cazzo sto parlando e come al solito vi aspetterete che ve lo spieghi, per cui avvalorerete la vostra “trollaggine” mista a scempiaggine, demenza, microcefalia, “tonnaggine”, “cretinaggine…

E un piccolo accenno di “troiaggine”…

Ma la Santarosa è tanto buuuuona, per cui “non ve la manda a dire”:

Peter Arno, nel 1941 rappresenta in una vignetta un prato sul quale si è schiantato un aereo militare.

Un paracadute che svolazza sullo sfondo ci rassicura che il pilota non si è schiantato al suolo come il velivolo ridotto a un mucchio di rottami.

In prima linea , alcuni militari osservano in lacrime la scena, mentre un ingegnere con dei fogli arrotolati sotto il braccio, si allontana fischiettando e dice:

” va bene, si ritorna alla vecchia lavagna!”

Succede a tutti, prima o poi, di sbagliare, di fallire in qualcosa e di dover tornare alla lavagna per ricominciare tutto daccapo…

A me è successo tante volte e a voi?

Dubito…

Mi auguro, almeno, che vi si apra il paracadute.

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