Il Cobra e la Mangusta

C’erano una volta due ragazzini, Filippo e Cristina, vivevano in Italia, a Bologna, ma separati, in un periodo critico della storia dell’umanità: il Covid.

Pochi erano stati coloro che avevano raggiunto l’unione con la propria coscienza, con l’Amore e l’Energia Divina che alberga nel cuore dell’uomo.

Pochi erano stati coloro che avevano scoperto il vero volto della conoscenza e si erano liberati dalle catene della sofferenza e dell’ignoranza.

Pochi erano stati coloro che avevano raggiunto lo stato di Realizzazione del proprio spirito…

Tanti erano, invece, rimasti all’epoca delle caverne, ottusi come le scimmie, e questa ottusità era dilagata così rapidamente nella mente delle persone, al punto da trasformare i buoni in cattivi, e accendere di nuovo odi e rancori, che poi erano divenuti litigi, e quindi guerre e distruzioni.

Presto quasi tutti avevano dimenticato i bei tempi del passato, presto erano tornati i conflitti che affliggono il genere umano e le paure insensate.

Filippo e Cristina avevano avuto la fortuna di nascere diversi, anomali; quindi con un cervello pensante e inalienabile.

Il loro genio era così grande che potevano realizzare ogni desiderio e, in particolare, quel che più li allettava: viaggiare da una parte all’altra del mondo e dello spazio interplanetario, usando l’immaginazione.

Con essa giungevano in qualsiasi luogo della terra nel tempo di alcuni minuti, non di più….

Ma erano entrambi sempre profondamente afflitti e addolorati, perché potevano raggiungere qualunque posto decidessero di raggiungere, ma non potevano mai incontrarsi.

Così, spesso, si chiudevano in camera, sotto la cupola che gli permetteva di vedere la volta celeste, e piangevano a dirotto.

Un giorno, però, il loro più caro amico V, inviò loro su Messenger uno strano racconto che parlava di un signore vestito di drappi con in testa un turbante verde, che gestiva una gabbia con dentro un cobra e una mangusta.

Prestate attenzione al racconto:

Il cobra rimaneva quasi sempre immobile, con la testa alzata, completamente concentrato sull’avversaria, pronto a lanciare il colpo mortale e inferire contro di lei il terribile veleno che avrebbe fatto cessare la sua misera vita.

Era regale e cosciente del suo grande potere venefico. Era un cobra bianco, uno dei più grandi serpenti velenosi della terra: simbolo della forza maschile, e al contempo dell’immobilità.

La mangusta, era invece l’immagine dell’attività e del dinamismo femminile: sempre in movimento per confondere il cobra e schivarne i rapidi e precisi attacchi.

Solo dopo aver danzato velocemente intorno al cobra, in un momento in cui egli si fosse distratto, seppure per un attimo, ella lo avrebbe morso al collo con i suoi denti aguzzi, uccidendolo all’istante.

E questa danza della mangusta continuava incessantemente mentre il cobra se ne stava quasi sempre fermo e la seguiva con lo sguardo.

Ogni tanto la mangusta attaccava e il cobra riusciva a schivarla; oppure il contrario: il cobra sferrava il suo colpo contro la mangusta, la quale riusciva giusto in tempo ad evitarlo.

E questo attaccarsi e schivarsi uno con l’altra rappresentava la farsa che veniva recitata sul palcoscenico di quel mercato delle pulci.

Che cosa voleva dire V, a Filippo e Cristina, con questo racconto?

Mica bisogna avercelo grosso, per capire? O si?

Ok, ok…ve lo racconterò più in là. Io scriverei di tutto per voi.

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