La Bambola

Hill amava molto la sua bambola, che chiamava… beh, per il momento non posso dirvelo, e non posso dirvi nemmeno dove l’avesse trovata; la cosa certa è che era matta come una cavalla.

Il suo cervello era bucato; le mancavano diversi venerdì ed era pure un po’ violenta. Per Hill , però, la bambola era geniale e bellissima: la nascondeva dentro al suo petto e la copriva di tenerezze, la proteggeva e insieme a lei scriveva straordinari racconti.

Volavano su Marte, s’inoltravano nelle foreste incantate, parlavano con gli alberi e si rintanavano in tenebrose caverne. Ma Hill, anche nel mezzo di questi affanni e batticuori, non smetteva mai di dubitare dell’onestà della sua bambola, e come l’indomani lo avrebbe condotto alla morte se avesse svelato a tutti la sua vera identità.

La gente non avrebbe capito, e a lui faceva paura il giudizio degli altri.

“Che ci vedrà in quella pupazzetta volgare e guercia, forse anche un po’ lercia ( perché chissà in quale bordello l’aveva trovata)?”

Alla fine Hill, però, si convinse che, se la gente si fosse divertita così tanto a parlar male della sua bambola, lui si sarebbe divertito il doppio, se la bambola avesse iniziato a rispondere alle loro accuse, così aprì il suo petto e la fece volare via.

Un giorno, quando Hill si svegliò, si accorse che la bambola non era più dentro di lui, ma al suo fianco, nel suo letto… la Troia.

La storia continua, ma ve la racconterò più in là…

Ora me ne sto ancora un po’ sdraiato a letto ad ascoltare tutte le “coscie belle” che la mia Troia ha da dirmi.

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